Nel cuore della Romagna, a Cesena, vi è la Biblioteca Malatestiana: l’unico esempio al mondo di biblioteca monastico-rinascimentale rimasta intatta in ogni sua parte, dagli arredi originali, alla dotazione libraria. L'Unesco nel 2005 l'ha inserita – prima realtà in Italia – nel Registro della Memoire du Monde. Nel corso della sua storia secolare, è sopravvissuta alle spoliazioni napoleoniche, ha sedotto e rifiutato Ezra Pound, ha acquisito la biblioteca personale del Papa cesenate Pio VII e ha ispirato Umberto Eco per il suo romanzo "Il Nome della Rosa". Ancora oggi mantiene le sembianze di oltre 500 anni fa. Del restauro e della cura dei codici si occupano con passione ragazze e donne restauratrici italiane e straniere.
Costruita in stile rinascimentale, su desiderio dei Frati Francescani e grazie ai fondi concessi da Domenico Malatesta (detto Novello Malatesta), Signore di Cesena, venne aperta al pubblico nel 1454. Oggi vi sono conservati circa 250.000 volumi, di cui 287 incunaboli, circa 4.000 cinquecentine, 1.753 manoscritti che spaziano fra il XVI secolo e il XIX secolo e oltre 17.000 lettere e autografi. Nella sezione moderna della biblioteca sono presenti oltre centomila volumi. Per dare l'idea del valore della Biblioteca Malatestiana e dei codici che contiene, basti pensare che un codice nel XIV secolo poteva costare anche 80 corone d'oro, cioè il prezzo di una casa di piccole dimensioni.
Nel 1798, durante l'occupazione napoleonica e le conseguenti spoliazioni, i preziosi volumi della Biblioteca vennero trasferiti temporaneamente a causa della trasformazione dell’edificio in dormitorio per le truppe francesi.
Ezra Pound – poeta e saggista americano – nel 1925 si stabilì in Italia e visitò anche la Biblioteca Malatestiana di Cesena, città che riteneva fra le prime ad aver visto sorgere il Rinascimento italiano. Accompagnato nella visita dall'allora direttore Manlio Torquato Dazzi, rimase estasiato dalle architetture e dallo stato di conservazione degli arredi e dei codici (libri antichi di pergamena scritti a mano e decorati), al punto di prendere la decisione di donare una copia dei suoi Cantos (all'epoca ne esistevano soltanto 16), a patto che venissero posti nella sala antica, in mezzo ai codici originali medievali e rinascimentali. Con sua grande sorpresa, Manlio Torquato Dazzi rifiutò perché, pur essendo i Cantos un capolavoro letterario, era un poema del 1900 e avrebbe compromesso la fedeltà storica lì conservata e preservata.
Umberto Eco, nel 1980, presentando il suo celebre romanzo "Il Nome della Rosa", dichiarò che si era ispirato anche alle atmosfere e architetture della Biblioteca Malatestiana di Cesena. Nel romanzo, non a caso, viene citata la figura del religioso Frate Michele da Cesena, realmente esistito.